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Quel Granchio dormiglione

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Questa volta le cime abbandonate ci riservano l’incontro con un piccolo Dromia personata (granchio facchino) con la sua spugna sul carapace…questi granchi hanno l’ultimo paio di zampe destinate a mantenere la spugna che si trascinano addosso per mimetizzarsi completamente agli occhi dei predatori.

“Una vecchia leggenda narra che, in una tempestosa giornata invernale, un goffo granchio alla ricerca di un nascondiglio.  Dopo ore di cammino, quando ormai era rassegnato, fra l’infinita distesa del fondo marino intravide un nascondiglio e vi s’infilò subito. Quando fu al riparo si guardò intorno e vide una spugna che piangeva; lui, impietosito, le si avvicinò e le chiese cosa le era successo: lei gli rispose che piangeva perché non poteva muoversi e scoprire nuovi posti, nuove terre, nuove spiagge.
Il granchio, che di carattere era molto socievole, le affermò che se il giorno seguente fosse stato bel tempo l’avrebbe portata a passeggio sulle spalle. La mattina dopo, con il sole battente e l’acqua calda, i due partirono. La spugna era molto eccitata e il granchio, anche se faceva fatica, non diceva niente per non disturbarla nel momento più bello della sua vita.
Quel giorno i due si divertirono molto, così decisero di non dividersi mai più e di stare sempre uniti e nacque il nomignolo del granchio facchino.”
Ha un corpo bombato, interamente vellutato, con chelipedi robusti aventi la punta di colore rosa e glabra, che contrasta con il colore marrone del resto del corpo. Si incontra comunemente all’interno di anfratti, ricoperto solitamente da spugne. Egli è solito ritagliare porzioni di spugne, di svariate specie, con le quali si nasconde, posizionandole sul carapace e trattenendole con il quinto pereiopode modificato a tale scopo. Le alghe, spugne e tunicati che stacca per mimetizzarsi, continuano a vivere senza problemi sul carapace. È una specie con una spiccata attitudine territoriale, riscontrabile sempre nello stesso punto a distanza di giorni (da cui l’ulteriore soprannome di “granchio dormiglione”).

Filippo Ioni

Articolo 2016_08_22_corriere