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Vivere il mare in un sospiro

Il termine apnea (dal greco apnoia, mancanza di respiro) indica un’interruzione o una mancanza del movimento respiratorio. L’apnea può essere una condizione fisiologica o patologica quando, per svariate cause, viene inibito il funzionamento dell’apparato respiratorio. L’apnea può anche essere una condizione volontaria che, di norma, difficilmente potrebbe protrarsi per più di un minuto, un minuto e mezzo ma che attraverso  l’allenamento, particolari tecniche, la passione e la dedizione questi tempi possono essere aumentati.

Quando al termine apnea associamo l’acqua le cose si cambiano un po’, diventano più romantiche, parliamo di: “immersione in apnea”.

L’immersione in apnea è stata la prima esperienza con cui l’uomo ha iniziato la scoperta del fondo marino e rappresenta ancor oggi il modo più istintivo di andare sott’acqua.  La possibilità di immergersi in apnea si fonda sull’adattamento fisiologico chiamato “riflesso d’immersione” che accomuna, più o meno, tutti i mammiferi, dal delfino al bradipo, dalla foca al cane.

La storia dell’immersione in apnea si perde nella notte dei tempi e coinvolge la cultura di molti paesi. I primi apneisti si spingevano sott’acqua per effettuare la pesca in apnea e raccogliere conchiglie, oggetti preziosi o come il corallo, le perle o le spugne. Esiste anche un passato bellico dell’apnea: i Romani furono fra i primi a utilizzare gli urinatores per operazioni di sabotaggio delle navi nemiche.

Tra tutti gli aneddoti che la storia ci riporta quello di Haggi Statti  sicuramente è conosciuto da tutti gli apneisti:  Correva l’anno 1913, la corazzata Regina Margherita si trovava davanti all’isola di Scarpanto, nei mari della Grecia. Per colpa di un errore di valutazione della profondità venne data ancora in un tratto con fondale tra i 70 e gli 80 metri. Questa, giunta in velocità alla fine della catena, la spezzò perdendosi sul fondo. Per recuperarla si cercò anche tra la popolazione locale qualcuno in grado di esplorare il fondale. Molti indicarono in Georgios Haggi Statti, un pescatore di spugne locale. I medici di bordo, dubbiosi, lo visitarono trovando evidenti segni di enfisema polmonare, una grave lesione a un timpano e la totale mancanza dell’altro, nonché l’incapacità di trattenere il respiro a secco per più di un minuto. Ciò nonostante, con l’ausilio di un aiutante e di una pietra da 15 kg legata ad una cima, Haggi Statti riuscì sorprendentemente a ritrovare l’ancora dispersa compiendo nei giorni successivi una serie di tuffi fra i 50 e gli 80 metri.

L’impresa di Haggi Statti fu per lungo tempo ritenuta una prestazione del tutto eccezionale, quasi miracolosa, e per molti anni l’apnea rimase inconsapevole di se stessa e delle proprie potenzialità, fino a che, a metà Novecento, esplose una vera e propria “corsa alla profondità” che vide protagonisti autentici pionieri come Raimondo Bucher, Ennio Falco, Enzo Maiorca, Stefano Makula, Jacques Mayol , la riminese Angela Baldini e, più recentemente, Pipin Ferreras, Umberto Pelizzari e Gianluca Genoni.

 

L’immersione in apnea Uno sport da supereroi?

Certo che no, però occorre allenamento ed una certa formazione che ci permetta di valutare bene i nostri limiti in modo da scendere sempre in sicurezza con la certezza di riemergere soddisfatti di quello che si è potuto vedere.

Per molti l’immersione i n apnea è sinonimo di caccia/pesca subacquea, ma sarebbe molto riduttivo pensarlo, esiste la nobile passione del seawatching, osservazione del fondale marino, o la fotografia in apnea.  Il mondo subacqueo che si incontra quando si scende nel silenzio del non respiro potrebbe sorprendervi non poco, provatelo e capirete queste parole.

L’immersione con autorespiratore, è certamente più facile ed alla portata di una maggior parte di noi, ci permette di scendere di più senza l’ansia di dover risalire, ma prima o poi l’autonomia della bombola termina ed allora è finita, in apnea no: si può proseguire fino che ne abbiamo voglia, vino a che, esausti di osservare le bellezze del mare, decidiamo di tornare a casa.

Nella Sub Rimini Gian Neri esistono due anime quella dell’apnea e quella delle bombole, come penso in moltissime società sportive di subacquea, e a volte esigenze differenti portano a inevitabili frizioni, che però si annullano appena si riflette sul fatto che la vera passione è il mare in tutte le sue forme e sfaccettature.

E la riprova l’abbiamo avuta durante l’ultima immersione al relitto del Paguro dove sul gommone della società c’era sia un gruppo di bombolari che un gruppo di apneisti. E’ stata una giornata fantastica di mare, e dopo due ore d’immersione sul gommone, dopo un po’ di spianata e mortadella,  i bombolari hanno potuto apprezzare un Paguro mai visto dai discorsi di chi nel silenzio dell’apnea riusciva a vedere il pesce diffidente e gli apneisti che dai racconti dei bombolari potevano immaginarsi quei punti dove la semplice apnea rendeva pericoloso addentrarsi.

  

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