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Mar Piccolo di Taranto

Quando la passione pulsa e l’amico Maurizio chiama non si può far finta di nulla. Si parte per il profondo Sud. Destinazione Taranto, in particolare Mar Piccolo

Il Mar Piccolo altro non è che una laguna costiera di poco più di 20 km², nei pressi della città di Taranto. È suddiviso in due seni di forma ellittica, il primo in comunicazione con il Mar Grande attraverso due varchi, il canale navigabile e il canale di Porta Napoli, e il secondo poco più grande e più interno. Nel bacino sfociano brevi corsi d’acqua costeggiati da preziosi ambienti umidi, come il fiume Galeso decantato da Orazio e Marziale, e rifugio di numerose specie di uccelli acquatici.

Felimida luteorosea.Da depressioni imbutiformi dei fondali di entrambi i seni, inoltre, sgorgano sorgenti sottomarine di fredda acqua ipogea, chiamate localmente citri, in greco caldaie ribollenti. Le sorgenti oltre ad assumere un ruolo fondamentale nel regolare la temperatura delle acque dell’intero bacino, influenzano anche la salinità, che è di poco inferiore a quella del mare aperto. L’abbondanza di sali di azoto e fosforo apportati dai corsi d’acqua, la bassa profondità e il ridotto idrodinamismo, rappresentano alcune delle peculiarità che rendono il Mar Piccolo un ambiente particolarmente produttivo in grado di sostenere considerevoli masse biologiche, dai microscopici organismi planctonici alla base delle reti alimentari marine, fino ai grandi predatori.

Proprio la pescosità delle sue acque rese il piccolo mare, il cuore della città di Taranto fin dalla leggendaria fondazione ad opera di Taras, figlio di Poseidone, giunto dal mare a cavallo di un delfino. Durante il lento scorrere della storia, Taranto visse splendori e miserie, invasioni, sconfitte, decadenze e riprese, ma è sempre esistito un forte legame tra la città e il suo bacino interno, porto naturale riparato dai forti venti dello scirocco e del libeccio, e preziosa fonte di pesce e frutti di mare. Il Mar Piccolo rappresentò anche la sede di fruttuose attività legate all’estrazione del pigmento della porpora dai murici, e alla filatura del bisso, la cosiddetta lanapinna, prelevato dalla grande pinna nobile e utilizzato per tessere stoffe pregiate.

Dal Medioevo in poi, il Mar Piccolo venne lottizzato in piscarie, aree di pesca ad uso esclusivo del proprietario, distinte l’una dall’altra e concepite alla stessa stregua dei fondi agricoli. In ogni area venivano pescati con un gran numero di attrezzi differenti ideati all’occorrenza, calamari, seppie, gamberetti, cefali, orate, spigole, triglie, anguille, e raccolte molte specie diverse di frutti di mare.

Tralasciando l’importanza del porto militare in epoca moderna parliamo ora del suo patrimonio sommerso, infatti sotto le acque calme del bacino, esiste un tesoro di inestimabile valore naturalistico e dalle caratteristiche uniche.

L’elevata biodiversità del Mar Piccolo è sicuramente la qualità più sorprendente che cozza fortemente con l’alto grado di inquinamento ambientale. Gli organismi colonizzano sia i substrati naturali (sedimenti sabbiosi e siltosi vicino le coste, fangosi più in profondità), sia i substrati artificiali.

Proprio questi ultimi sono stati trasformati dalla Natura in isole colorate, ricche di vita rigogliosa. Caotici assembramenti di invertebrati filtratori avvolgono completamente i pali dei vecchi impianti di mitilicoltura tramutandoli in poderose colonne viventi. Lo spessore dei pali viene più che triplicato dagli strati di organismi che si insediano al di sopra. Una volta terminato lo spazio disponibile, gli animali sessili continuano a crescere gli uni sugli altri, e quelli dall’accrescimento più rapido soffocano i più lenti. Lo spazio, infatti, rappresenta l’unico fattore limitante, dato che il cibo non manca. Spugne, policheti sedentari, bivalvi, cirripedi, briozoi, ascidie e gigli di mare si alimentano filtrando di continuo l’acqua del mare e trattenendo all’interno del loro corpo minuscole particelle organiche. E tra i filtratori vivono altrettanti animali, tra cui gasteropodi con e senza conchiglia, granchi, paguri, stelle marine, bavose, pesci ago e cavallucci marini. Tutti questi organismi rendono la comunità che ne deriva estremamente varia, difficile da descrivere in ogni sua parte. Difficili da individuare sono anche le molteplici interazioni tra gli organismi, dalle relazioni trofiche, chi mangia chi, alle simbiosi, alle modalità con cui vengono edificate alcune importanti biocostruzioni che a loro volta incrementano l’eterogeneità dell’ambiente.

Nel mare interno è presente anche un cospicuo contingente di specie non comuni negli altri mari del Mediterraneo, divenute rare in seguito a impatti antropici o considerate tali da sempre, alcune di queste protette dalla legislazione vigente: dalla bavosa dalmatina (Microlipophrys dalmatinus) abbondantemente presente in entrambi i seni al nudibranco Thecacera pennigera, dalle due specie di Ippocampo (Hippocampus guttulatus, H. hippocampus) alla grande spugna Geodia cydonium, dal pesce ago di Rio (Syngnathus abaster) al paguro Paguristes streaensis.

A dispetto dell’inquinamento, il Mar Piccolo è un mare in cui avviene ancora il processo evolutivo della speciazione, ovvero nascono e si evolvono nuove specie da quelle preesistenti. L’ultima descritta nel 2012 da ricercatori dell’Università di Venezia e di Bari, è una coloratissima ascidia coloniale, Botrylloides pizoni, una nuova componente della ricca comunità sessile che incrosta i pali e gli altri substrati artificiali. Il Mar Piccolo, quindi, non è un mare dove la vita si estingue per il feroce inquinamento ambientale. Qui, anzi, nascono nuovi organismi che fino a poco tempo fa non esistevano. Ciò testimonia ancor più l’importanza di questo bacino, il mare più piccolo d’Italia.

Le Immersioni

Chi si immerge per la prima volta nel mare interno tarantino avverte un senso di disorientamento perché oltre alla grande abbondanza e ricchezza di forme di vita, osserva animali strani, mai visti prima. Si tratta delle molte specie aliene giunte nel Mar Piccolo da ogni angolo del pianeta trasportate nelle acque di zavorra o incrostate sugli scafi delle innumerevoli navi che solcano i mari di Taranto, o ancora introdotte con gli animali da allevare in acquacoltura. Ascidie peruviane (Polyandrocarpa zorritensis) ricoprono rapidamente corde e altri manufatti, colorati vermi tropicali (Branchiomma luctuosum) competono per lo spazio con gli spirografi nostrani, spugne calcaree brasiliane (Paraleucilla magna) crescono al posto degli organismi indigeni. E nudibranchi bitorzoluti (Melibe viridis) provenienti dal Mar Rosso, minuscoli mitili asiatici (Arcuatula senhousia), ascidie a pois (Distaplia bermudensis) originarie delle Isole Bermuda.

Con questa lunga premessa capite bene che un fotografo naturalista non può dire di no ad un’immersione in Mar Piccolo.

Nella foto un colorato Nudibranco: Felimida luteorosea.

 

Autore Testi e Foto: Filippo Ioni