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La muta dei crostacei

Quante volte ci è capitato, mentre passeggiamo sulla riva o vicino agli scogli, di notare a terra sulla sabbia delle piccole carcasse vuote, trasparenti, magari spezzate o addirittura intere che ci lasciano immaginare come potesse essere l’animaletto che ospitavano prima di essere abbandonate per sempre.

Tutti i crostacei fanno la muta almeno una volta nella loro vita, è una strategia che gli permette di crescere. Il carapace infatti, che ne ricopre in modo integrale tutte le parti del corpo, è molto resistente: perfetto per proteggerli dai pericoli esterni, ma troppo rigido per essere allargato o modellato rispetto al corpo molle dell’animale. Così, periodicamente i giovani granchi e gamberetti hanno bisogno di liberarsi del loro cappotto di chitina per poter crescere e costruirne uno nuovo di zecca, stavolta fatto su misura.

Per quanto detto così possa sembrare un meccanismo semplice, in realtà non lo è affatto. La fase della muta è un delicato processo chimico, finemente regolato sulla base di ormoni. Quando viene il momento, il segnale parte da una ghiandola posta alla base dell’occhio, detta organo X, da cui attraverso una cascata di segnali interni si arriva alla secrezione dell’Ecdisone, l’ormone della muta, che induce questo processo.

Appena l’animale perde la sua corazza protettiva, diventa estremamente vulnerabile ad attacchi esterni da parte di predatori, patogeni e non solo… per cui anche la scelta del momento giusto è fondamentale perché il cambio d’abito vada a buon fine.

Per citare un esempio, nei granchi la muta avviene spesso durante la crescita dell’animale: i maschi approfittano della muta delle femmine per l’accoppiamento, mentre le femmine approfittano della muta del maschio (sprovveduto) per cibarsene.

Nella foto si osserva il momento in cui un gamberetto tropicale si libera del suo vecchio vestito.

 

Autore: Sofia V. Pesaresi
Autore Foto: Giacomo Giovannini