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Un’esperienza nuova

Domenica scorsa mi capita l’occasione di affrontare le Piramidi, il sito che mi piace pensare essere un po’ il mio “campo scuola”, con una diversa prospettiva. Facciamo un’immersione biologicamente mirata, mi spiega il mio istruttore Filippo Ioni, ad addestrare i nostri occhi a vedere i piccoli “colonizzatori” dei rifiuti cronicizzati sul fondo del mare.

Scendiamo. La consegna è: guarda il mondo con altri occhi.

E allora lentamente, molto lentamente, con attenzione certosina iniziamo a scrutare il fondale, poi le formazioni rocciose e infine i famosi “castelli”.

Quella lentezza ti costringe a guardare rimanendo quasi immobile; e gli occhi, inizialmente pigri con una visione abituata ad una visione ad “ampio raggio”, con il passare dei minuti iniziano a “vedere” qualcosa di nuovo e inaspettato: tutto si muove!  Quello che fino all’immersione precedente era un mondo per lo più statico (ovviamente escludendo i pochi pesci presenti, data la temperatura dell’acqua non ancora ottimale, e gli immancabili gamberetti) inizia a essere una realtà piena di vita: minuscoli crostacei dal nome non facilmente memorizzabile e per me impronunciabile  – solo Filippo li conosce uno a uno e riesce a pronunciare con una naturalezza aliena – che, forse rassicurati dalla nostra tranquillità, dopo un attimo di esitazione riprendono i loro movimenti e le loro “faccende” noncuranti della nostra presenza.

E allora ecco quell’enorme paguro (si, lo so, le immagini sott’acqua appaiono più grandi ma per me era davvero un “signor paguro”!) che per la prima volta davanti a me, dopo un comprensibile attimo di esitazione, decide di “fidarsi” e, dopo aver orgogliosamente sfoderato le sue enormi antenne, riprende il suo quieto incedere alla probabile ricerca di cibo (colta dall’entusiasmo ho anche richiamato l’attenzione di Filippo dal cui sguardo, comprensibilmente stupito dal mio stupore, ho capito quanti paguri “in attività” mi sia persa finora!).

Per non parlare di quell’esserino – anche su questo debbo glissare sul nome nonostante Filippo ci abbia provato a farmelo ricordare – che, dopo aver trovato rifugio all’interno di una cozza vuota e avermi fissato per qualche secondo, ha deciso anche lui di “fidarsi” e, con coraggiosa intraprendenza, si è mostrato a me per poi lasciare indisturbato la sua tana. Forse, penso, anche lui si sarà tranquillizzato dalla mia immobilità.

Concludo con quella “creatura” che, dovendola descrivere con un linguaggio da profana, potrebbe ricordare un granchio con l’elmetto (!) e che Filippo è riuscito a immortalare con una fotografia meravigliosa per i colori e i dettagli. Ecco: proprio questa fotografia rimarrà impressa nella mia mente quale ricordo della mia “prima volta” alle Piramidi con un nuovo ruolo: quello di spettatrice.

 

Nella foto: DROMIA PERSONATA – Granchio  facchino

granchio facchino

 

Classificazione Phylum Artropodi, classe Crostacei; Malacotraco, Decapode, Brachiuro.
Com’è fatto Un granchio dal corpo molto arcuato, sub-sferico, rivestito da una folta peluria di colore marrone. Le chele sono molto robuste e recano apici violetti. Il terzo e il quarto paio di arti ambulacrali sono fortemente appiattiti e spostati verso il dorso. La larghezza del cefalotorace può raggiungere la misura di 13 cm.
Ambiente Vive sulle propaggini costiere rocciose fino a 10 m di profondità. Sopporta bene la cattività. Temperatura dell’acqua contenuta al di sotto dei 22 °C.
Alimentazione Si nutre di detriti organici prevalentemente di origine vegetale. Gradisce vegetali freschi.
Biologia Questa specie è nota per la sua tendenza al mascheramento, per cui àncora al proprio dorso spugne e ascidie viventi, che trattiene con arti specializzati. Si riproduce sessualmente e da origine a larve planctoniche.

 

Autore Milena Montemeggi
Autore della foto: Filippo Ioni