La morte delle Alaccie

Spesso ci chiediamo cosa ci spinge a fare immersioni in condizioni difficili, in particolare in inverno. Quando tutti pensano a noleggiare gli sci e a prenotare in montagna, qualche appassionato decide di svegliarsi all’alba, uscire di casa con il termometro a -2 e andare al Capanno per preparare il tuffo. Prima abbiamo dovuto sbrinare il parabrezza della Macchina ora dobbiamo sciogliere il ghiaccio dai tubolari per evitare di scivolare, ma a noi piace così.

Per fortuna sta’ sorgendo un tiepido sole consolatore, quando prendiamo il mare per dirigerci alle Piramidi. L’acqua sembra bella, e scendendo abbiamo una conferma, non male tenuto conto le mareggiate delle settimane scorse.

Ci giro in torno ma voi volete sapere cosa ci spinge a farlo? Be la scusa è monitorare il nostro sito, un nuovo progetto del gruppo di Biologa. Il compito del giorno: Posizionamento fettuccia metrica, prelievo acqua per le analisi e misurazione temperatura sul fondo rilevata in 8 gradi. Abbiamo visto di peggio.

Ma la verità è che siamo sempre in cerca di un’esperienza nuova, che puntualmente arriva sempre.

Questa volta siamo stati spettatori di un evento, forse triste ma decisamente particolare: “La morte delle Alacce”.

Già in navigazione avevamo notato una stranezza, tanti pesci moribondi, poi sul fondo la certezza che qualche cosa di strano è successo: un’ecatombe di pesci morti o tramortiti qua e la sulla sabbia.

Varie supposizioni, lo scarto di un peschereccio che lava le reti? Inquinamento o anossia? Poi mi torna alla mente che un’esperienza del genere mi è già capitata in passato, quando le temperature erano veramente basse 6/7 gradi. Di fatto le temperature rigide di questi giorni sono responsabili della moria di tanti pesci, di un’unica specie però, l’Alaccia  (nome scientifico Sardinella aurita), pesce azzurro più grosso della sardina e chiaro di squame, lungo circa 20 centimetri e fino a 120 grammi di peso. L’alaccia è un pesce nuovo per il nostro mare, il suo originario areale era costituito dalla fascia meridionale del Mediterraneo, quella che lambisce il Nord Africa e che a Nord non andava oltre l’Italia meridionale. Il biologo E. Tortonese, riporta come limite settentrionale di distribuzione l’isoterma media annua dei 18°C.  Da noi incominciarono a pescarle verso la fine degli anni ‘70 per poi divenire sempre più frequenti e abbondanti.

Il motivo del loro spostamento verso l’alto Adriatico è dovuto ai mutamenti climatici, che hanno riscaldato le acque marine in genere. Se a questo si aggiunge il fatto che nell’alto Adriatico abbonda il “cibo” per questi pesci planctofagi, il conto è presto fatto. Sfortunatamente però questa specie non è attrezzata geneticamente e fisiologicamente a resistere alle cosiddette botte di freddo. Vive bene fino ai 14-15°C, incomincia a perdere motilità attorno ai 10° e muore in massa quando la temperatura scende al di sotto dei 6°.

Per concludere possiamo dire che le nostre povere Sardine sono state vittime della Merla, i giorni più freddi dell’anno.

 

Autore testo e foto: Filippo Ioni