Il granchio col mantello

E’ arrivata la burrasca, ma le condizioni del nostro mare fino allo scorso fine settimana sono stati eccellenti, tante splendide immersioni che riprenderemo al più presto, anche perché la curiosità delle nuove leve è tanta e le cose da scoprire sempre molte.

Nell’ultima immersione alle piramidi, io e i miei due compagni, ci eravamo dati l’obbiettivo di osservare i vari tipi di granchi e del loro particolare modo di nutrirsi.

Nella programmazione avevo descritto le specie che più facilmente avrei incontrato accennando anche alla possibilità di incontrare  il granchio facchino peloso, soggetto difficile da individuare ma visto che nell’ultima notturna lo avevo incontrato mi sono sbilanciato un po’.

Iniziamo l’immersione perlustrando un tratto di sabbia, tanti granchi nuotatori come prevedibile e poi subito un colpo di fortuna smuovo un guscio di cozza  e vedo che si muove innaturalmente, eccolo, sotto alla cozza c’è un granchietto che se la scarrozza zampettando sulla sabbia come un facchino indaffarato durante un trasloco.

Qui mi fermo nella cronaca e lascio spazio all’entusiasmo del mio compagno d’immersione, Milena, che scrive:

Non ci sono altre spiegazioni: sono certa – anche se oggi non ho ancora prove schiaccianti – che quando Filippo ci accompagna in acqua nasconda nelle tasche della sua stagna alcuni graziosi “esserini” allo scopo di liberarli, non visto, sul fondale e ingenerare in noi corsisti alle prime armi momenti di sincero stupore e delizia.

La mia convinzione ha trovato solide basi nell’ultima immersione: scendiamo, raggiungiamo il fondale, sistemiamo l’assetto. Si parte. Nemmeno 5 minuti e Filippo si ferma.

Aguzzo gli occhi: se Filippo si ferma qualcosa sicuramente c’è. La visibilità è ottima. Il fondale è pulito, non abbiamo sollevato sabbia. Cosa ha visto di così interessante? Io vedo i soliti paguri saltellanti e qualche granchio. Riesco anche a intravedere in lontananza una stella marina. E poi gli onnipresenti gusci (di cozze) distribuiti dalla corrente in ordine sparso sul fondo.

Ma è tutto nella norma. Non c’è altro. Davvero non c’è altro. Ma Filippo fissa qualcosa. Mi affianco a lui. Quasi non respiro: sia mai che un mio movimento incauto possa infastidire l’oggetto del suo interesse, qualunque esso sia.

Guardo. Fisso. Nulla.

Quando ormai mi era chiaro che la parte aliena del mio istruttore (di cui ho già parlato tempo fa) avesse definitivamente preso il sopravvento su di lui permettendogli di vedere cose “che noi umani” non possiamo neppure immaginare, ecco che all’improvviso scorgo una cozza muoversi (un guscio per essere precisi). Sarà stata la corrente, penso. Ma non è così perché, dopo pochi secondi, si sposta ancora di qualche centimetro: ora riesco anche a vedere le tracce lasciate sul fondale dal suo incedere. Inevitabile l’amara riflessione: ciò che io sono riuscita a vedere dopo almeno due minuti di concentrazione, l’ ”alieno” l’aveva già vista in meno di un secondo!

Filippo si fa intraprendente, prende la cozza fra le dita e me la mostra. Cosa scopro con mio sommo stupore? Quella conchiglia era diventata lo scintillante “mantello” nero di un minuscolo granchietto, piatto quasi da far invidia a una sogliola, il quale, sentendosi ormai smascherato, cercava con tenacia e caparbietà di sfuggire dalla presa del suo “aggressore” facendo al contempo ben attenzione a rimanere ben saldo al proprio copricapo nero. Filippo, nonostante l’evidente contrarietà dimostrata, decide di “sfilare” il mantello dalla solida presa di quell’esserino. E qui avviene il primo colpo di scena:  con una interpretazione da oscar, il simpatico granchietto si immobilizza e si finge morto. Io pensavo fosse realmente morto e, infatti, credo di aver guardato Filippo con occhi non troppo benevoli: il granchietto non era sopravvissuto al distacco dal suo amato mantello nero. Un po’ rattristita, guardo Filippo appoggiare questo esserino ormai inerme e privo di vita (apparente) su una piccola roccia. Bello sforzo, ho pensato: prima lo fa morire di crepacuore poi ha la delicatezza di appoggiarlo sul fondale roccioso.

Ma arriva il secondo colpo di scena: quel buffo granchietto piatto, che fino a un attimo prima ero convinta fosse già nel paradiso dei crostacei, è passato senza colpo ferire dalla fase “fingo di essere morto” alla fase “prendimi se ci riesci” dandosi precipitosamente e velocemente alla fuga. Ho sorriso sollevata pensando: vai granchietto, ora corri alla ricerca di un nuovo scintillante mantello nero e non temere, la prossima volta tengo io a bada Filippo!

Il “Medorippe lanata”  granchio facchino peloso, non è facile da individuare: è piatto con delle zampe lunghe, si trascina un oggetto sul dorso sotto il quale si nasconde  ed abitualmente è ricoperto di limo trattenuto dal pelo che lo ricopre su tutto il carapace. Dall’alto si notano solo tre zampe per lato, caratteristica peculiare perché le altre due paia sono piccolissime e le usa non per camminare, ma per portarsi appresso il fardello.

Il Medorippe lanata  è un granchio della famiglia delle Dorippidae. La lunghezza-larghezza del cefalotorace mediamente è  30 x 32 mm. Viene segnalato un po’ in tutti i mari italiani, ma non è facile incontrarlo per i subacquei dato che preferisce viere in fondali limacciosi dai 30 a 100 m di profondità e che ha un’ottima dote mimetica.

 

Co autori: Filippo Ioni e Milena Montemaggi
Autore foto: Filippo Ioni